Una questione politica, non di comunicazione

«Aiutiamoli a casa loro davvero» è un problema di comunicazione o una questione politica?

Secondo Massimo Mantellini, tutto sommato,  è un problema di comunicazione. Io non sono affatto d’accordo.

L’infelice sortita di Matteo Renzi non è infelice perché avviene sul profilo Facebook del Pd (che pure viene gestito in maniera piuttosto goffa, possiamo dirlo senza problemi di sorta). Non è infelice perché estrapola una frase dal suo contesto (cosa che avviene, in effetti. Però poi, quando vai a leggere il contesto, scopri che è esattamente quel che Renzi voleva dire). Non è infelice nemmeno perché è contenuta in un libro. È infelice, se mai, perché è una questione politica in chiaro contrasto con una parte della base degli elettori del Pd. E dunque è infelice solamente per coloro che la pensano diversamente da Renzi.

In altre parole, non è la forma ad essere fallimentare, non c’è alcun “epic fail” del social manager.

È la sostanza di quel che Renzi sostiene politicamente ad essere in contrasto con quel che vorrebbe sentirsi dire una fetta di suoi elettori. È molto diverso.

Ho imparato presto a non considerare le mie esperienze personali come se fossero universali e quindi cercherò di non generalizzare troppo. Vivo evidentemente in una bolla di (centro)sinistra. Il mio news feed di Facebook, ieri, era letteralmente invaso dalla condivisione su Facebook del Partito democratico a proposito dei migranti e tutti, senza esclusioni, erano critici rispetto a quel che si è visto succedere.

Dal punto di vista della gestione social c’è materiale per farci su workshop e corsi di formazione che sostengono tutto e il suo contrario.

Il punto cruciale sta non tanto nella prima pubblicazione su Facebook.

Non è possibile che un comunicatore non sappia che scrivendo «Aiutiamoli a casa loro» susciterà quel che ha suscitato (e non basta quel «davvero» a cambiar le cose»).

Ma il comunicatore che condivide quel passo sta solo facendo il suo lavoro e lo fa perché è quel che il segretario del Pd pensa e rivendica nel suo libro. È una frase che, accoppiata a «non abbiamo il dovere morale di accoglierli» racconta una chiara visione del tema immigrazione e ammicca a posizioni che non sono quelle della base di sinistra del Pd (una minoranza, probabilmente, ma parecchio rumorosa su Facebook). Forse ammicca a elettori della Lega, del M5S, a quella corrente di rossobruni che non ha una chiara collocazione parlamentare. Qualunque sia l’elettorato a cui Renzi si rivolge, la sua è una chiara presa di posizione politica.

Quindi, condividere quel passo non è in alcun modo un errore del social media manager.

Allora andiamo a monte: è Renzi che non può non sapere cosa susciterà, con quella frase, con quel ragionamento. Anzi: Renzi sa benissimo a chi parla.

Se mai, l’errore “social”, che però è anche un errore politico, è la rimozione del post dopo che si scatenano le proteste. Quella sì che è goffa e ipocrita.

Perché rimuovere una posizione che il segretario del partito rivendica? Perché in molti sono scontenti? Scriverla su un libro, allora, che senso ha? Nel libro è meno visibile quindi va bene?

Il social manager di Salvini cavalca la cosa e porta a casa il “match”, se vuoi guardarla in termini di comunicazione politica. Il punto è che il messaggio sulla bacheca di Salvini è coerente con il personaggio, è coerente politicamente e parla al proprio target di riferimento senza alcun dubbio. Ma anche il post sulla pagina del Pd era coerente con quel che è diventato il partito. Solo, non piace a una parte del suo target.

La difesa di Renzi sul suo profilo Facebook personale è un altro scivolone, che ribalta tutte le “colpe” della bagarre addosso a quelli che, secondo il segretario del Partito democratico, non leggono.

Questo sì è un errore in termini di comunicazione e un tentativo di mettere a tacere la base di sinistra, un tentativo maldestro che ricorda tanto i «mi avete frainteso».

Qui non c’è nulla da fraintendere. Quella espressa nel libro di Renzi è la posizione di Renzi, e dunque del Pd di oggi.

È bene dirlo in maniera chiara e trasparente, cosicché l’elettore sappia quali sono le idee in termini di immigrazione e accoglienza del Partito democratico.

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